Normativa e giurisprudenza

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Avvalimento: cause di esclusione impresa ausiliata

Secondo la Sentenza n. 5834 del 23/08/2019 il Consiglio di Stato ha stabilito che tassatività delle clausole di esclusione di cui all’art. 83, comma 8 del d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, non figurando l’obbligo di possesso di un’attestazione SOA in capo all’ausiliata quale condizione per il ricorso all’avvalimento nell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016. Ai sensi dell’art. 83, comma 8 (ult. cpv) del d.lgs. n. 50 del 2016, “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

Nel caso di specie, la clausola del bando oggetto di contestazione (l’art. 20), se da un lato riconosceva che “I concorrenti possono soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale richiesti nel presente bando di gara, avvalendosi dell'attestazione SOA di altro soggetto ad esclusione delle categorie di cui all’art.2, comma 1 del Decreto ministeriale 10 novembre 2016, n. 248, ai sensi del comma 11 dell’art.89 del Codice”, al successivo comma secondo aggiungeva però che “Ai sensi del combinato disposto degli articoli 84 e 89, comma 1 del Codice i concorrenti che ricorrono all'istituto dell'avvalimento devono, pena esclusione, essere in possesso di propria attestazione SOA da attestare secondo le modalità indicate nel precedente punto 17 […]”.

Alla luce della complessiva istruttoria di causa ritiene il Collegio, superando quanto rilevato nella precedente ordinanza cautelare 25 gennaio 2019, n. 344, che quest’ultima disposizione non tanto si limiti a disciplinare la modalità di esercizio dell’avvalimento, ma direttamente ne limiti il ricorso. Invero, la ratio dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 deve essere interpretata alla luce della giurisprudenza amministrativa e comunitaria, garantendo la più ampia partecipazione delle imprese alle gare pubbliche; ciò in conformità all’orientamento della giurisprudenza amministrativa consolidatasi in seguito alla decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio 4 novembre 2016, n. 23, secondo cui l’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale “in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento UE”, al fine di consentire “l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile”, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione (da ultima, Corte giust. UE, 7 aprile 2016, in causa C-324/14 – Partner Apelski Dariusz), anche con riferimento all’impossibilità di fissare a priori limiti specifici alla possibilità di avvalimento. Neppure, a rigore, troverebbe applicazione la previsione di cui all’art. 89, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, per cui la lex specialis potrebbe disporre che taluni compiti essenziali siano svolti direttamente dall’offerente, poiché se anche la disposizione della lex specialis oggetto dell’attuale controversia non vieta l’avvalimento in relazione ad attività ed a compiti specifici, di fatto pone in essere un limite generale al suo ricorso.

Del resto, il testo dell’art. 89 cit. non consente alle stazioni appaltanti di porre limitazioni all’utilizzo dell’avvalimento o di conformare il suo utilizzo, se non nei limiti di cui alle previsioni dei commi 3 e 4 del medesimo art. 89 (ipotesi non ricorrenti, nel caso di specie). La nullità (vizio il cui rilievo giudiziale non è subordinato al rispetto degli ordinari termini di impugnazione) della disposizione discende dal fatto che la lex specialis di gara – interpretata come fatto dalla stazione appaltante – in sostanza prescriveva che, per poter partecipare alla procedura competitiva fosse necessario disporre comunque di un’attestazione SOA, tant’è che i concorrenti, per potersi eventualmente avvalere di quella di un altro operatore economico, avrebbero in ogni caso dovuto possederne una in proprio. Una clausola di tal natura dev’essere considerata nulla, non trattandosi di semplice clausola “escludente” (quest’ultima, da impugnare nei termini ordinari di legge): invero, quella delineata dall’art. 20 del bando non era una disciplina, sia pur restrittiva, delle “modalità” con cui ricorrere all’avvalimento, ma un vero e proprio divieto (di fatto) di ricorrere a tale istituto, incompatibile con la norma cogente attualmente prevista all’art. 89 del Codice dei contratti pubblici.

Più nello specifico, si è evidentemente in presenza di un potere esercitato (dalla stazione appaltante) praeter legem, nel richiedere dei requisiti non contemplati dalla norma codicistica ed il cui effetto sarebbe quello di vanificare la stessa ratio applicativa di quest’ultima.

 

Redazione Ediliziappalti.com – Grizzaffi Management srl

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